mercoledì 15 maggio 2013

Su "La luna e i falò di Pavese": una riflessione

Pubblichiamo la riflessione di Valeria Valisi sul libro "La luna e i falò" di Cesare Pavese, scritta in seguito all'incontro tra il Gruppo di Lettura BC della Biblioteca di Corbetta e il Gruppo di Lettura Rosso Magenta avvenuto alla Biblioteca di Corbetta lo scorso aprile.

Il titolo, “La luna e i falò” è un riferimento al ciclo delle stagioni, richiama le credenze della popolazione contadina che pensa che il risultato del raccolto sia determinato dalla posizione della luna e dai falò. I due elementi naturali, presenti nel titolo, non si riferiscono direttamente al contenuto del testo ma essendo, nell’antichità, simboli degli dei, si caricano nel romanzo di un significato mitico. In questo modo l’autore vuole esprimere il tema fondamentale del libro: il ritorno al passato, la ricerca delle proprie origini e identità. Ed è proprio la riflessione del narratore-protagonista, che spiega il perché del suo ritorno dall’America nei luoghi della sua infanzia, ad aprire il romanzo: vuol far capire quanto sia importante per ognuno avere un paese, una famiglia, un punto di riferimento che leghi alla vita. Di questo il protagonista si rende conto quando, lontano dalla sua valle, viene richiamato non da qualcuno, ma da quel senso di appartenenza al suo paese che, con nostalgia, porta dentro di sé. Ma il suo non è solo un viaggio di ritorno, è un ripercorrere con la mente la vita da ragazzo e un ricercare le proprie origini.

La necessità di affermare le proprie radici fa dire al protagonista : “Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere le radici, di farsi terra e paese, perché la nostra carne valga e duri qualcosa di più di un comune giro di stagione.”

Quanto sopra è ancor più attuale oggi quando, come nel passato e spesso per gli stessi motivi (conflitti, ricerca di lavoro etc.) molti devono lasciare i loro Paesi e vivere lo spaesamento ben descritto dal protagonista quando racconta la sua esperienza in America.

Il desiderio di ricongiungersi alla propria fanciullezza viene però ostacolato dallo scorrere del tempo che allontana sempre più il protagonista dall’età felice. Il ritorno diventa allora un confronto inevitabile con i cambiamenti subiti dalla realtà. L’unica persona con la quale il protagonista si ritrova è Nuto, il vecchio amico d’infanzia. E’ sempre stato, fin dalla giovinezza, una guida, un punto di riferimento per il narratore. Dopo il ritorno, a distanza di tanto tempo, Nuto conserva il suo ruolo e, poiché è sempre rimasto al paese, può guidarlo alla scoperta dei fatti avvenuti durante la sua assenza. Sono eventi che appartengono al momento della maturità, che segnano per il protagonista la perdita delle illusioni e la decisione di lasciare il paese: il primo riguarda Santina che, creduta spia delle camicie nere viene giustiziata dai partigiani; il suo corpo diventa un rogo sacrificale, chiaro riferimento ai falò del titolo ma con una connotazione negativa. Il secondo fa riferimento alla tragedia di Valino che, disperato per la miseria in cui vive la sua famiglia e l’ingordigia della padrona, appicca il fuoco alla casa, uccide tutti e si suicida, distruggendo, con tale gesto tutto il passato.

E’ ancora attuale? Proprio in questi ultimi tempi, per effetto della brutta crisi che attanaglia il nostro paese, vi è stato un alto numero di suicidi di imprenditori e disoccupati dovuti e causati dalla disperazione o dalla vergogna di non poter far fronte ai debiti o di mantenere in modo decoroso la famiglia.

Un’ultima considerazione merita la semplicità e colloquialità della prosa di Pavese che preferisce l’uso delle coordinate a quello delle subordinate e che, per avvicinarsi al parlato, ricorre a costruzioni e modi di dire tipici del dialetto.

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